Credit to: Marco Calvelli, Amm.re CMW Engineering – Firenze
Le riflessioni in questo periodo sono inevitabili e quanto mai necessarie. Le mie si sono concentrate sul valore dell’isolamento, quella solitudine a cui Walter Bonatti dava un valore grandissimo, perché acutizza la sensibilità e amplifica le emozioni.
La solitudine inoltre ci mette di fronte a una dimensione divenuta ormai rara, quasi sconosciuta all’uomo moderno. Infatti oggi più che mai l’uomo ha paura di affrontarsi nella solitudine, teme quasi di doversi riconoscere, di doversi riconquistare.
Quella paura di affrontarsi che lui denunciava 50 anni fa oggi è divenuta la “normalità”, perduti come siamo in una bulimia di mezzi e anoressia di fini!
La “semplice” raccomandazione di stare a casa è stata vissuta generalmente (per chi una casa ce l’ha!?) come una violenza che male si concilia con il concetto di protezione, copertura che si è sempre associato al termine casa inteso come “luogo sicuro”. Perché?
Vero è che l’imposizione può essere vissuta male a prescindere dall’oggetto dell’imposizione stessa. Tuttavia la mancanza di obiettività di questo periodo, in cui come ormai avviene da tempo è prevalsa la visione manichea del “tutto o nulla”, del “con me o contro di me”, del ”non è nulla” o del “moriremo tutti”, per di più senza una coerenza comunicativa e gestionale, ha fatto crescere i livelli di ansia e di paura senza però identificare un nemico tangibile.
Ed il non sapere contro chi combattere ha portato le persone a crearsi il proprio, indossando la mascherina anche se alla guida solitaria della propria auto e ad additare come probabile terrorista un qualsiasi podista.
Cosa ci manca veramente nell’isolamento? Siamo capaci di rimanere soli con noi stessi senza avere paura? Senza vederci come un avversario da sconfiggere?
Il 28° patriarca indiano Bodhidharma (che introdusse le arti marziali nel monastero buddista cinese di Shaolin nel 6° sec. d. C.) visse per 9 anni in un grotta in cima ad una montagna e ne uscì illuminato. Certo lo aveva scelto ma da migliaia di anni dovremmo aver capito il Valore della relazione con noi stessi senza la quale difficilmente se ne creano di costruttive con gli altri e con l’ambiente. E allora quale miglior occasione di riappropriarci, quantomeno, del nostro tempo senza continuare a sfruttare la tecnologia per sfuggire, non senza ipocrisia, da quell’isolamento che ci costringe a fare i conti con noi stesi...
Il virus ci impedisce di respirare correttamente ma ne siamo capaci e consapevoli anche senza venirne infettati? Abbiamo la tranquillità e serenità di respirare la nostra vita? Di respirare il nostro tempo individualmente e collettivamente?
La presunzione di considerare la Scienza come dogmatica e infallibile è emersa in tutta la propria fragilità. La difficoltà di ammettere che quello che non sappiamo è infinitamente superiore a ciò che sappiamo, alle conquiste acquisite che hanno alimentato l’onnipotenza dilagante e che fanno sfumare ogni parvenza di limite, personale e collettivo, in una nuvola di illusione.
Il frastuono del silenzio a cui non siamo più abituati potrebbe svelarci che il nostro essere, insignificante a livello universale, nasconde una potenzialità infinita a livello locale, sia personale che collettivo lasciandoci meravigliosamente sbalorditi dal ritrovarsi inesauribilmente inesplorati.
L’Esplorazione, come sosteneva anche Bonatti, consiste nell’affrontare qualcosa di conosciuto senza l’ausilio delle tecnologie che la nostra coscienza e la conoscenza dell’elemento rendono non necessarie.
In quest’ottica il Floating è un esperienza di esplorazione di noi stessi, così costantemente illusi di avere una perfetta conoscenza di ciò che siamo. E’ un’imperdibile occasione di ritrovarsi “nudi” difronte alla nostra essenza, senza maschere, senza paraventi, per alimentare quella relazione profonda tanto complessa quanto intrinsecamente non definita con la nostra coscienza.
Marco Calvelli.
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